Organizza la tua esperienza! Dove Dormire Da visitare

Storia - Topografia e condizioni generali del paese

Gizzeria è un piccolo paese collocato sulla collina "Micatundo", a 630 metri sul mar Tirreno, antico feudo dei Cavalieri di Malta. Nei secoli ha subito una trasformazione graduale, se guardiamo alla sua posizione possiamo notare delle case addossate l'una all'altra come un pittoresco presepio. Un panorama straordinario gli fa da sfondo sul Golfo di S. Eufemia, che si estende da Pizzo Calabro a Capo Suvero.
Ed ecco il centro storico, costeggiato da strade molto strette, da case antiche con scalinate esterne molte caratteristiche, con le due Chiese parrocchiali quali la Chiesa di San Giovanni Battista e quella della SS. Annunziata ferme testimonianze di un passato ricco di "storia".
Il territorio circostante presenta una vegetazione molto fiorente, con colline, valli, uliveti, vigneti ed alberi, i quali si estendono su di un suolo adatto a quasi tutte le coltivazioni, dal castagno all'ulivo, all'arancio. La natura dei terreni è argillosa, calcarea e mista, grazie le quali si possono ricavare tegole, mattoni e calce. 
Ciò non è tutto, a pochi chilometri dal centro scorrono tre torrenti quali il "Casale", il "Tridattoli" e lo "Zinnavo"; il primo scorre dal lato destro del centro abitato, il secondo nasce dalla Foresta del Mancuso immettendosi nel Tirreno; l'ultimo con il Casale s'immette nelle acque del "Maricello".
Il territorio è confinato ad oriente e a sud con le campagne di S. Eufemia, Lamezia e Sambiase; ad ovest con i feudi di Falerna e con le campagne di Castiglione Marittimo, a Nord con i monti di Nocera Tirinese, Conflenti e Martirano. 
Sin dalle origini la mancanza d'industrie nel territorio limitrofo rese Gizzeria un paese prettamente agricolo, ragion per cui gli abitanti della zona traevano profitto solo da ciò che la terra poteva offrire, ricavandone una quantità discreta di vino, patate, orzo, agrumi e legumi.
Dopo qualche tempo anche il settore agricolo incominciò a scarseggiare, provocando non pochi problemi ai suoi abitanti, a causa di una massiccia mancanza d'operai e di donne, che in passato si erano occupati prevalentemente della raccolta delle ulive e dei fichi.
Con l'esplodere del fenomeno dell'emigrazione, gli abitanti furono indotti a raggiungere altre mete più proficue quali, l'Italia settentrionale e l'estero, lasciando le terre al più terribile degrado ed abbandono. 
Dato non trascurabile, dal momento che nel giro di qualche anno, ciò che rappresentava la principale fonte economica di un paese, ora stava approdando lentamente alla deriva. Questa gente non avrebbe mai lasciato la tanto amata terra, se le tasse, legate ad un misero reddito, nonché la mancanza d'industrie non li avrebbe costretti a compiere questo passo così importante.
Oggi molti di questi con i propri figli vivono in Italia settentrionale, in Canada, in Australia e negli Stati Uniti, ma continuano ugualmente ad essere legati alle loro origini, ritornando spesso nella terra natale, anche per trascorrere brevi vacanze.

Storia - Etimologia del nome di Gizzeria

Risalendo all'etimologia del nome, possiamo dire che inizialmente Gizzeria era denominata "Izzaria". Centro antichissimo d'età bizantina fu distrutto dalle incursioni saracene, più tardi fu denominata "Yussaria" grazie ad un unico documento che lo attesta, il diploma che risale al 1062 riguardante la fondazione in S. Eufemia dell'Abbazia dei Benedettini.
L'origine della parola è incerta, con molta probabilità deriva dal greco "Izwsios"che significa "siedo, sono collocata, sono vicino al fiume".
Il primo nome nel periodo Bizantino derivava da "Izzaria", cambiato dai Normanni in "Yussaria", poi nel 1510 dagli Albanesi, in "Jzaria", mutato per motivi fonetici in "Jazzaria"o "Jizzeria", e per finire nel 1753 in Gizzeria. Una cosa è certa il vocabolo non è albanese poiché in quella nazione non si ha alcun riscontro. 
Studiosi di toponomastica come il Prof. Alessio Giovanni nel suo saggio di toponomastica calabrese fa derivare Gizzeria da "gipsum" (gesso) vale a dire cava di gesso. Da "Gipseria" si è avuto il passaggio per assimilazione della "p" con la "s" Gisseria, Gizzeria, qualora il nome fosse stato dato dagli Albanesi.
In realtà, all'epoca non esistevano nel paese delle cave, ma solo dopo il 1638 con l'aggregazione a Gizzeria di S. Eufemia ritroviamo la contrada "Granato"che ha il nome del proprietario. In tale contrada vi erano cave di gesso ma attualmente sono spente.

Storia - Gizzeria, colonia albanese e sue vicende

Nel 981 "Izzaria" fu distrutta dai Saraceni, vi sopravvisse solo il Monastero di San Nicola e i pochi abitanti del posto continuarono a vivere in piccole case agricole sulla terra dei Cavalieri di Malta.Questo territorio si chiamava "Casale" poiché era abitato da poche persone e dipendeva dall'Università di S. Eufemia.
Più tardi fu popolato da albanesi e da mercenari venuti nell'Italia Meridionale per domare la rivolta dei baroni calabresi, che si erano schierati contro il re di Napoli, Alfonso I d'Aragona, Signore della Sicilia e della Sardegna. I primi albanesi che occuparono il Casale appartenevano alla prima trasmigrazione, denominata "Ondata Reres". Questi coloni, poveri, rozzi, poco inclini al rispetto, invadevano tutto ciò che incontravano nelle loro scorrerie, devastando le campagne, tutto questo per procurarsi il cibo necessario per la sopravvivenza, per cui erano sempre pronti a commettere rapine, furti, danneggiamenti. La loro vita si svolgeva in misere capanne ricoperte di paglia, prima di ottenere una definitiva dimora. I loro comportamenti erano sempre più irrispettosi, nonostante dimorassero presso il feudo, si rifiutavano di rispettare l'intero potere feudale. Esasperati i membri della Commenda di Malta si rivolsero, attraverso delle dure proteste al Governo ritenuto responsabile, poiché fautore del loro arrivo presso la loro giurisdizione.
La disputa si concluse a favore della Commenda di Malta, davanti alla Curia Romana, a quei tempi era Pontefice Papa Giulio II. Intorno al 1510, ai profughi albanesi fu impedito il rimpatrio nella loro terra, perciò furono costretti ad accettare il vassallaggio, e la Colonia si chiamò "Casale d'Izzaria".
Da quel momento gli albanesi cominciarono ad avere dei privilegi, come il possesso dei suoli gratuiti, iniziarono a costruire delle misere case nella parte bassa del paese chiamata "Ruga Suttana"fino ad arrivare alla parte superiore, senza dare importanza all'ordine e al gusto estetico, nacquero così tante casupole sparse per il feudo. 
Queste abitazioni anche all'interno erano poco belle e poco ospitali, poiché erano semplici, piccole e rozze, di forma quadrata a pian terreno, ed erano costruite con mezzi rudimentali come pietre, creta e calce, senza pavimento ed intonaco. Purtroppo a volte servivano anche come asilo per le bestie. Era un popolo dedito soprattutto alla caccia e alla pastorizia, e poco predisposti ai lavori dei campi, infatti, i tentativi della Commenda di Malta furono vani, nonostante molti terreni fossero stati messi a loro disposizione per disboscarli e poi coltivarli.

Storia - Università di Gizzeria e sua Amministrazione anche giudiziaria

Solo tra il 1558 e il 1573 Gizzeria da Casale diventò "Università", finalmente ora poteva vantare un'amministrazione propria, in quanto reduce di un passato vissuto sotto la giurisdizione di S. Eufemia dal punto di vista del potere spirituale e temporale. Con la costituzione di un'organizzazione interna fu formato il Parlamento, capeggiato da coloro che erano iscritti regolarmente nell'annua "cedola fiscolaria", questo si radunava nella piazza del paese ogniqualvolta bisognava discutere nell'interesse di tutti i cittadini, ed era presieduta dal Governo locale, in rappresentanza del Governo del Re. 
L'Università era composta di molte figure importanti, ognuno con una propria competenza e responsabilità, il popolo nominava pubblicamente due revisori dei Conti, i quali esaminavano i conti dell'Erario e dei cessati amministratori; poi vi era il cancelliere dell'Università e due Portolani, che si occupavano della nettezza delle strade interne ed esterne al centro abitato, ed infine uno scrivano addetto al catasto generale delle tasse.
Il Parlamento ogni anno a Maggio eleggeva due Sindaci, l'uno dei Nobili, l'altro del popolo. Tutti questi formavano l'amministrazione comunale chiamata "Officiales Universitatum", che governavano liberamente il paese per circa un anno. Le decisioni erano prese attraverso la votazione segreta, ma prevaleva sempre di più la decisione del Sindaco, il quale era assistito dal Governatore. 
Invece per quanto concerne la Giustizia vi erano gli Ufficiali amministrativi, chiamati "Mastridatti" la cui competenza era quella di scrivere atti di Giustizia, denunciare giuramenti ed esercitare quei diritti riservati al Sovrano. 
Ed infine il Giudice di Pace, l'attuale Pretore, lo Judex annalis amministrava la giustizia civile ma nel 1701 fu abolito.

Storia - Gizzeria Lido

Una volta S. Eufemia Marina, è diventata Gizzeria Lido soltanto nel 1961 per richiesta dell'amministrazione comunale. Questa località è un'ampia zona pianeggiante, valorizzata dall'introduzione di colture industriali come la barbabietola da zucchero che ha creato benessere alla zona circostante, abitata fin dall'epoca Neolitica. Con gli anni questa zona è divenuta un'importante località turistica, avviandosi ad un consistente sviluppo edilizio. Inoltre la spiaggia che si estende per oltre dieci chilometri, le rende omaggio, in uno scenario bellissimo dove le montagne circostanti valorizzano tali bellezze.
I turisti restano colpiti da questo spettacolo, che non ha nulla di particolare, ma che con la sua semplicità ed un fascino incomparabile regala una visione paradisiaca, facendo avvertire delle sensazioni piacevoli, grazie ad un'atmosfera limpida e pura.
Storia - Maricello
Gizzeria fu colpita da un brutto terremoto nel 1638 causando nella contrada "Maricello" di Gizzeria Lido uno sprofondamento del terreno, questo formò a sua volta un lago chiamato Maricello, che comunicava col mare attraverso uno stretto canale.
Per lo stesso motivo si formarono nella località altri laghi chiamati volgarmente le " Vote " di cui una per una superficie più ampia delle altre, prese il nome di "Vota Grande", dove fino al 1860 approdavano dei bastimenti.
Nel Feudalesimo il "Maricello" con le terre circostanti apparteneva all'ordine Gerosolimitano e per esso ai Cavalieri di Malta, residenti in S. Eufemia, questi ne pretendevano i loro diritti in natura, ovvero rotoli d'anguille. 
Abolito tale ordine il lago e le terre confinanti diventarono di proprietà del Demanio nel 1806, che a sua volta nel 1824 fu venduto all'Avvocato Pasquale Giuliani, e da questi nel 1852, passò al signor Francica Pasquale di Monteleone. Gli eredi a loro volta nel 1913 passarono la proprietà ai naturali di Gizzeria.

Storia - Pregiudizi e superstizioni

Questa gente era un popolo superstizioso, la loro vita si svolgeva in un ambiente dove alcune strane credenze erano parametri di valutazione sempre presenti. La donna incinta doveva evitare di toccare il suo corpo, caso contrario il futuro nascituro sarebbe nato con una "voglia" di qualche cosa, sottoforma di macchia o neo di colore o forma della cosa desiderata. Il sesso del bimbo era determinato dalle fasi lunari, in presenza di luna crescente sarebbe nato un "maschietto", calante una "femminuccia". Purtroppo in questo, una mentalità troppo chiusa faceva si che la nascita di un maschietto era accolta con gioia da tutta la famiglia, poiché il piccolo avrebbe portato il proprio cognome ed il nome del nonno paterno. 
Quindi credenze, superstizioni, e malocchio, andavano ad influenzare la loro esistenza. Quest'ultimo era considerato un pericolo da cui difendersi, non a caso le madri provvedevano a dare ai piccoli una collanina d'oro o d'argento con una medaglia di un Santo, o un cornetto di corallo o d'osso con una chiavetta da portare sempre al collo. Invece per liberarsi dalle negatività si ricorreva a delle donne anziane che conoscevano a memoria delle parole benefiche, e con esse recitavano delle preghiere.
Il malocchio era un "male augurio", la personificazione dell'invidia, che si manifestava a sua volta con i rovesci in famiglia e ancora con l'assenza dei raccolti. Nella quotidianità si temevano i segnali considerati di mal auspicio come il canto del gufo, il versamento dell'olio, i latrati prolungati dei cani durante la notte e la rottura di uno specchio.
Erano considerati invece di buon auspicio il versamento del vino, segno d'allegria, la rottura di piatti, il canto del gallo mattiniero, il volo della farfalla bianca ed altri ancora.

Storia - Usi e costumi

Gli usi e i costumi ovviamente con il passare degli anni si sono trasformati. Il costume caratteristico delle donne era costituito da una gonna rossa di raso, chiamata "zogha"e un corpetto di seta rosso o azzurro con le maniche ricamate in oro. La camicia era adornata da bellissimi merletti.
L'usanza era che, le donne albanesi da marito indossassero la "Chesa" una specie di panno damascato che serviva a sorreggere le trecce raccolte sulla nuca. 
Questo costume era molto bello poiché poteva vantare dei colori bellissimi e radiosi, ed era molto elegante. 
Più tardi le donne sostituirono quest'abito con un abbigliamento più sobrio, costituito da una sottana bianca fino al tallone, coperta da un panno rosso, e da un corpetto di castoro e di velluto dai colori accesi allacciato alla schiena, aperto in avanti.
La veste era a ruota, con un ampio grembiule. Sulla testa portavano una tovaglia nera chiamata "mandile" e quando uscivano da casa si coprivano la testa con un fazzoletto nero. Fino al 1912 i contadini indossavano un abito di lana chiamata "frandina" con un giubbotto e dei calzoni corti, i quali si legavano sotto il ginocchio, mentre ai piedi portavano dei sandali, allacciati con cordicelle di pelle di capra. Per finire la testa era coperta da un cappello di feltro duro, a forma di cono.

Storia - Dialetto

Il dialetto è un miscuglio dei diversi popoli che giunsero a Gizzeria nei secoli, non a caso si possono trovare parole greche e latine, elementi francesi, arabi e spagnoli.
Nella parlata si sostituisce l'o finale con la "u", e nell'uso dei tempi si usa il passato remoto.
A questo proposito è opportuno riportare qui di seguito alcuni esempi per capire meglio:
   Dal greco trappitu (frantoio), cona (contrada), mustazzu (baffi);
   dallo spagnolo scampare (è finito di piovere), cannata (bocale);
   dal francese ammucchiare (nascondere), arranciare (arrangiarsi);
Riportiamo alcune frasi tipiche: "volia mu sacciu" (volevo sapere), "quandu venisti" (quando sei venuto);
Alcune frasi o parole sono scomparse come tata, mastro d'ascia ecc...

Storia - Fidanzamento

Intorno al 1800, l'amore non poteva esprimersi completamente e liberamente, un sentimento così profondo e vecchio era ostacolato da genitori che si arrecavano il diritto di decidere per la vita dei propri figli. 
Lo scopo era di rafforzare legami d'amicizia e di parentela, perciò i genitori già prima della nascita sapevano chi avrebbero sposato i propri figli, i quali succubi di un'educazione seria e rigida dovevano assolutamente obbedire. 
Inoltre tale legame, se così si può definire, era rafforzato da alcune consuetudini e tra queste l'uso del 
fazzoletto infatti la contadina lo ricamava con dei disegni simbolici per regalarlo al giovane, in segno di parola data e d'affetto. Tra le varie usanze esisteva anche quella del ceppo, simbolo di richiesta del rito nuziale, il pretendente durante la notte lo metteva davanti alla porta della donna amata. Il giorno dopo se i familiari lo ritiravano era di buon auspicio altrimenti lo lasciavano rotolare nella strada. 
Verso il 1908 la promessa di matrimonio era concordata dai genitori e si rimandava a quando i figli raggiungevano la maggiore età, se dall'altra parte non si manteneva la parola data, questi avevano tutto il diritto di chiedere delle ammende. 
I genitori si presentavano davanti al Notaio per dichiarare la promessa di matrimonio, se non era mantenuta, avrebbe comportato dei danni alla famiglia sin dall'inizio del contratto, ragion per cui la parte offesa aveva tutto il diritto di ricevere dei risarcimenti dall'altra famiglia. Per fortuna la situazione si modificò intorno alla metà del secolo, quando i giovani cominciavano ad avere un po' di libertà e di considerazione da parte dei genitori verso i loro sentimenti, essi s'incontravano durante le feste religiose in Chiesa, occasione in cui le donne indossavano dei costumi locali molto particolari per farsi notare.
Dopo un breve periodo di corteggiamento, fatto di serenate sotto le finestre della fanciulla, la famiglia del giovane mandava "l'ambasciatore" a casa dei genitori per chiedere ufficialmente la mano e per trattare la questione della "dote".
Se la proposta era accolta benevolmente, era la volta dei genitori che rendevano omaggio a questa nuova unione facendo visita con lo scopo di conoscere i familiari e regalare alla futura sposa un paio d'orecchini o un anello d'oro chiamato "ianchiu", dopodiché seguiva il matrimonio.

Storia - Matrimonio

Il matrimonio fu istituito nel Medioevo, fino al 1800 era una celebrazione molto elegante, si svolgeva in tre giorni; il primo era di giovedì, dedicato ai festeggiamenti a casa della sposa, dove si preparavano i dolci e si svolgevano le danze.
Il secondo era la sera del sabato, dedicato alla pettinatura della sposa eseguita da cinque zitelle. Il terzo, la domenica mattina, la donna era vestita da quattro giovinette prima di recarsi in Chiesa. La sposa indossava la "Zoga"una ricca sopraveste propria degli albanesi, e la "Vantiera" un piccolissimo grembiule ricamato sfarzosamente, sulla testa portava la "Keza"un diadema in velluto, dalla quale scendevano due nastri ricamati d'oro o in argento chiamati "Pinaki". Il matrimonio era vissuto da tutto il paese come una festa, era un momento di gioia e di felicità, mentre il corteo attraversava le vie gli uomini spargevano coriandoli e monete per le strade.
Giunti in Chiesa la sposa prendeva la sinistra, il consorte la destra, simbolo di superiorità su di lei. Dopo la funzione religiosa, gli sposi con i parenti si recavano nella loro casa dove la suocera offriva alla nuora un piatto di miele, che simboleggiava la dolcezza della sposa nei confronti della sua nuova famiglia. Inoltre come augurio di abbondanza le era offerto un cesto di grano. Dopo questo rito si ballava e ci si divertiva fino a tardi. Con gli anni queste usanze si modificarono ed avvennero dei cambiamenti anche nel modo di vestire della sposa, nonché nella celebrazione stessa. Proseguendo per gradi: l'abbigliamento della sposa consisteva in una sottana bianca, con il busto di raso nero o colorato ed un fazzoletto in testa, la sposa era resa ancor più bella dai gioielli come gli orecchini, un anello, una spilla e una catenina d'oro.
Più tardi dal 1800 fino al 1920, la celebrazione del rito avveniva nella giornata di sabato. Dal 1809 gli sposi si avviavano con il corteo in Municipio dopodiché s'incamminavano verso la Chiesa, durante il percorso erano sempre salutati dai propri compaesani, che ovviamente ne prendevano parte buttando dalle proprie case, riso, grano, confetti e monetine. Prima del 1913 vi era l'usanza di porre per le strade degli archi trionfali, adornati con fiori d'ogni genere. Il giorno dopo del matrimonio, la domenica, gli sposi ed i parenti si recavano in Chiesa sempre vestiti elegantemente, per ascoltare la messa, al termine si recavano nella nuova casa dove continuavano a festeggiare. 
Dal 1920 in poi la celebrazione cambiò, la scelta dei giorni era importante, non era mai scelto il venerdì o il lunedì perché erano considerati giorni di cattivo auspicio. La sposa indossava come oggi un vestito bianco, accompagnata dal corteo giungeva in Chiesa al braccio del padre, qui il prete benediceva gli sposi unendoli nel sacro vincolo del matrimonio. 
Dopo la celebrazione, era la volta dei festeggiamenti, occorreva una buona dose d'allegria, una giusta quantità di dolci e di liquori, un gustoso banchetto per far si che tutto si svolgesse nel migliore dei modi. A questo facevano seguito canti e balli fino a notte inoltrata.

Storia - Danza popolare

Agli inizi del novecento il divertimento dei contadini era circoscritto alle sole danze, era un modo semplice e simpatico per allietare le loro serate ma anche per conoscersi meglio, in particolar modo per coloro che erano in cerca di moglie o di marito. Queste occasioni erano organizzate in locali privati, dove si ballava la già allora famosa "tarantella".
Diversamente nel ceto più evoluto si ballava la "quadriglia", anticamente gli abitanti d'origine albanese ballavano la "pasturara". Queste danze inizialmente erano accompagnate da strumenti come la zampogna e la chitarra ma più tardi la fisarmonica li sostituì.
L'uso dei balli e dei canti non era vincolato soltanto a questi tipi di feste, ma era esteso anche alle occasioni religiose, come le veglie della notte di Natale e le processioni. 
Oggi (1968) il paese si è trasformato, e con esso anche il modo di divertirsi, grazie al continuo influsso di turisti e al ritorno dei giovani che vivono fuori al nord per motivi di studio o per lavoro. Questi ed altri s'incontrano a Gizzeria Lido, ormai nota località di mare, dove si possono trovare oltre ai lidi, molti locali dove i giovani possono incontrarsi e così divertirsi.